Accettare il limite

Michele Grizzi

Accettare il limite.

Uno dei più grandi compiti che ogni persona si trova ad affrontare nel corso della propria vita consiste nell’accettare il limite. Ma cosa si intende quando si parla di limite? Si tratta infatti di un concetto apparentemente semplice e di uso comune, ma che in realtà necessita di essere definito con chiarezza.

Cos’è il limite.

Con limite si intendono tutti quegli ostacoli che una persona incontra nel perseguire i propri bisogni e le proprie finalità. Questi ostacoli si possono raggruppare in due grandi concetti.
L’attesa. Nella maggior parte dei casi, c’è bisogno di un tempo più o meno lungo perché si riesca a soddisfare un proprio bisogno. Ci sono situazioni più semplici (es. il tempo di prepararsi un pasto veloce per colmare la propria fame) e altre più complesse (es. la costruzione di una propria carriera lavorativa attraverso un’evoluzione professionale in diverse tappe). In ogni caso, per giungere alla soddisfazione dei propri bisogni è fondamentale venire a patti con la dimensione del tempo, saper attendere e avere pazienza, non volere “tutto e subito” (ovvero, rinunciare alla pretesa di “onnipotenza” tipica dell’infanzia).
La frustrazione e la perdita. Non sempre è possibile ottenere quello che si vuole. Anzi, l’esperienza della frustrazione (“non riesco”, “per colpa di qualcosa/qualcuno non posso”…) è una costante nelle diverse età della vita. Un caso specifico di frustrazione è la perdita; si sperimenta quando un “qualcosa” o “qualcuno”, che garantiva benessere e soddisfazione, viene a mancare.

La tolleranza della frustrazione.

Nella vita di ogni persona, ci sono molte situazioni caratterizzate da vissuti di frustrazione o di perdita. Si va dalle rinunce ai sogni e alle aspettative, ai cambiamenti, che portano inevitabilmente a “lasciare” qualcosa, alla perdita di possibilità e di parti di sé collegata al passare del tempo e all’invecchiamento (“non sono più quello/a di una volta”). Inoltre, le perdite più difficili da affrontare sono quelle che riguardano persone che, a diverso livello, sono state significative all’interno della propria vita.
Tutte queste esperienze, in un qualche modo, mettono in una condizione di passività. Infatti, sono eventi o situazioni che non possono essere controllati, indipendentemente da quanto una persona cerchi di farlo. Ad esempio, l’insorgenza di una malattia, un licenziamento o altri cambiamenti a livello lavorativo, una calamità naturale che porta a danni nel proprio ambiente di vita…

Accettare il limite.

La vera “soluzione” al problema del limite non risiede però nella rassegnazione e in un atteggiamento rinunciatario. Piuttosto, si tratta di trovare un equilibrio tra l’accettare ciò che non può essere cambiato e invece essere attivi rispetto alle proprie finalità possibili. Ciò può significare, ad esempio, rinunciare al proprio sogno adolescenziale di diventare un musicista professionista ricco e famoso quando ci si accorge di non avere il talento necessario o di non incontrare opportunità sufficienti. Tuttavia, questo non preclude la possibilità di continuare a coltivare l’hobby della musica per piacere personale e di provare a costruirsi una carriera professionale alternativa soddisfacente, partendo dalle proprie attitudini e dalle opportunità offerte dal mercato del lavoro.
L’accettazione del limite, quindi, è caratterizzata da un equilibrio costruttivo tra passività e attività, collegato alle aspettative del passato, alle realizzazioni del presente e ai progetti per il futuro (Gislon, 2005).
Venire a patti con le frustrazioni, trovare dei compromessi e iniziare a costruirsi dei percorsi di vita realistici…tutto questo caratterizza la maturità di una persona. Diventare adulti significa anche rinunciare parzialmente ai sogni e agli ideali poco realistici, tipici dell’adolescenza (caratterizzata invece dalla negazione dei limiti o dalla “sfida al limite”).

I problemi con il limite.

Accettare il limite può rivelarsi un’impresa particolarmente ardua all’interno di un contesto socio-culturale che veicola messaggi in parte opposti, come “puoi essere tutto quello che vuoi”, o “non fermarti mai di fronte alle difficoltà”. La non risoluzione del “problema del limite”, però, può originare un ampio ventaglio di forme di sofferenza psicologica. Senza voler entrare nello specifico di tali problematiche, possiamo dire che sono tipicamente collegate ad un conflitto tra l’ideale e il reale. Infatti, il mancato riconoscimento e la mancata tolleranza dei limiti, sia interni che esterni, può portare a continuare a inseguire desideri velleitari e poco realizzabili o a darsi continuamente standard interni troppo elevati (“alzare sempre l’asticella”). Tutto questo ha ripercussioni sulla propria autostima, porta a sentirsi cronicamente insoddisfatti e inadeguati e può comportare il rischio di sviluppare disturbi psicologici, soprattutto di tipo ansioso o depressivo. In altri casi, la non tolleranza della perdita e della frustrazione può portare a problemi nella scelta. Infatti, per compiere una scelta relativa alla propria vita è necessario poter tollerare di “perdere” qualcosa, ovvero di limitare il proprio orizzonte di possibilità (“potrei fare tutto”). Analogamente, è necessario accettare la possibilità di incorrere in ostacoli o fallimenti. Una difesa comune rispetto a queste paure, soprattutto in età tardo adolescenziale e nei giovani adulti, è quella di strutturarsi (naturalmente in modo inconscio e involontario) dei “blocchi”. Infatti, restando “fermi” o trovando delle giustificazioni esterne rispetto al proprio “non andare avanti” ci si protegge dal rischio di incorrere in fallimenti, di accorgersi dei avere dei limiti e di dover quindi ridimensionare la propria immagine ideale di sé.

Bibliografia
“Manuale di psicoterapia psicoanalitica breve“, Maria Clotilde Gislon, 2005, Dialogos Edizioni

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