Chi soffre di solitudine si isola

Vera Longhena

La solitudine è uno stato che spesso procura dolore e autoalimenta l’isolamento sociale. Sentirsi soli non significa essere fisicamente soli, ma sentirsi soli psicologicamente ed emotivamente. Stare tra sé e sé può essere rigenerante, calmante, piacevole; le cose cambiano quando si ha la percezione di essere soli non per propria scelta, ma perché non si ha alcun legame con nessuna persona, che con la sua presenza e vicinanza possa far uscire da questa condizione.

Di seguito potete ascoltare il mio intervento su Radio Deejay (dal minuto 15 circa), inerente al tema, appunto, della solitudine e di come essa venga combattuta attraverso l’uso dei social network e delle relazioni virtuali. Quali rischi? Quali, invece, i benefici?

https://www.deejay.it/audio/20190220-2/589473/

Approfondiamo da un punto di vista psicologico quali meccanismi si innescano nella mente delle persone che soffrono di solitudine e in che modo queste stesse modalità di pensiero impediscano loro di uscire dalla condizione che genera malessere. Chi si percepisce isolato dalle relazioni sociali, per difesa, tenderà a mettere in atto comportamenti negativi, volti ad allontanare gli altri, per evitare di provare il dolore di essere rifiutati. Questo atteggiamento rende chi è solo ancora più solo, imprigionato in una sorta di circolo vizioso che autoalimenta solitudine ed isolamento.

S. & J. Cacioppo hanno dimostrato come il cervello delle persone sole sia perennemente in allarme, iper-allertato: di fronte a stimoli di pericolo, rischio o minaccia, la loro attività cerebrale risulta essere molto più veloce rispetto alla norma.

E’ questo il motivo per il quale chi soffre di solitudine, paradossalmente, invece di cercare nuovi legami, si isola: più ci si sente soli, più ci si sente in allerta e si è predisposti a difendersi da quelle relazioni che potrebbero essere deludenti… ma quale rapporto umano può garantire a priori di non procurare delusione o sofferenza? Anche l’amico migliore o il partner più amorevole o il collega più attento possono ferire, senza volerlo, e non per questo saranno relazioni meno significative.

La solitudine è ciò che si sente quando vi è una discrepanza tra le relazioni sociali desiderate e le vere relazioni intessute. Tuttavia, lo stato di allarme e la paura di rimanere delusi, portano a una chiusura, invece che stimolare nuove conoscenze.

I Cacioppo invitano a riflettere su quanto sia importante capire questo scacco in cui la solitudine induce la mente; per cercare di rompere il circolo vizioso di “solitudine-difesa-isolamento” sarebbe fondamentale cominciare a dare nuova interpretazione alle dinamiche delle interazioni sociali: per esempio, se un amico ci manca di rispetto, possiamo chiederci innanzitutto se tale comportamento possa essere stato, in qualche modo, indotto da noi, oppure se il nostro amico stia attraversando un periodo di tensione e in realtà non ce l’abbia davvero con noi. E’ impensabile uscire dalla condizione di solitudine senza mettersi in gioco, ed è quantomai raro che le relazioni tra persone non generino mai sensazioni negative, quali tristezza, incomprensione o malintesi; provare a pensare che questo faccia parte dello stare con gli altri, ma che non porti subito alla conclusione “relazione sociale=pericolo” o “sono solo=non merito l’amicizia di nessuno” segna un inizio di rinascita della rete di interazione. Un percorso psicologico può essere di grande aiuto nell’impresa possibile di uscire dall’isolamento.

 

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