Che cos’è l’ansia?

Michele Grizzi

Che cos’è l’ansia?

L’ansia è una risposta innata, che ha lo scopo di affrontare rapidamente un pericolo. Costituisce uno dei meccanismi adattivi fisiologici dell’uomo, ovvero quei meccanismi sviluppati durante l’evoluzione della specie per favorire la sopravvivenza e l’adattamento all’ambiente.

Come funziona?

Quando il cervello valuta la presenza di un pericolo, mette in atto automaticamente una serie di cambiamenti corporei, che costuiscono la cosiddetta risposta di attacco o fuga. Dal punto di vista evolutivo, questa risposta era utile quando, in passato, la specie umana doveva difendersi da pericoli gravi, concreti e imminenti, come quelli rappresentati da animali predatori. I cambiamenti che attiva, infatti, servono a predisporre l’organismo alla fuga, al movimento o al combattimento. Tra le numerose modificazioni fisiologiche, che avvengono automaticamente e inconsapevolmente, le principali sono:

  • la mente diventa più vigile

  • aumentano la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna

  • aumenta la sudorazione (per favorire il raffreddamento corporeo)

  • i muscoli entrano in tensione

  • rallenta la digestione e diminuisce la produzione di saliva

  • aumenta la frequenza respiratoria

A queste modificazioni fisiologiche è collegata un’emozione di paura e apprensione, oltre che una serie di sintomi fisici possibili, tra cui:

  • tremori

  • agitazione

  • tensione muscolare

  • sudorazione abbondante

  • respiro accelerato, iperventilazione

  • tachicardia

  • mani fredde e sudate

  • bocca secca

  • vampate di calore o brividi di freddo

  • nausea, capogiri

  • “nodo allo stomaco”.

Il circolo vizioso dell’ansia

Dato che queste sensazioni non scompaiono immediatamente, possono a loro volta originare nella persona un ulteriore stato di apprensione e allarme (“Cosa mi sta succedendo? C’è qualcosa che non va!” o “Non riesco a controllare l’ansia!”). In questo modo, il circolo vizioso continua e si rafforza, tanto che l’ansia tende a diventare cronica. Le conseguenze dell’ansia cronica possono essere:

  • sensazione costante di inquietudine e nervosismo, irritabilità

  • stancarsi facilmente, sensazione di “non farcela”

  • fatica a concentrarsi

  • tensione muscolare costante, fatica a rilassarsi

  • difficoltà ad addormentarsi, o risvegli frequenti

  • tendenza al bruxismo, a digrignare i denti (soprattutto di notte)

  • umore basso, rischio di sviluppare vissuti depressivi

  • a lungo termine, indebolimento del sistema immunitario.

Cosa attiva l’ansia?

Come già indicato, in tempi remoti l’ansia si è sviluppata come meccanismo utile alla sopravvivenza umana. Tuttavia, ai giorni nostri, è raro imbattersi in pericoli di questo genere. In compenso, siamo comunque esposti a diverse e frequenti situazioni stressanti, anche se di natura completamente diversa; rispetto a queste, la risposta di attacco e fuga è scarsamente utile. Ad esempio, se siamo seduti in attesa di un colloquio di lavoro, saltare in piedi e mettersi a correre non aiuta.

Ma quindi cosa innesca l’ansia, nell’uomo contemporaneo? Alla base, ci sono pensieri, sensazioni, immagini mentali o situazioni che provocano paura e una sensazione di minaccia. Non si tratta più, però, solo di minacce concrete e oggettive (la belva feroce che ci sta attaccando). La percezione di minaccia e di pericolo può essere, invece, un elemento estremamente soggettivo, collegato alla sensazione di non avere a disposizione le risorse necessarie per affrontare una determinata situazione.

Ad esempio, per qualcuno può essere un compito estremamente stressante fare una telefonata, se è convinto di essere impacciato nelle comunicazioni e se si aspetta che gli altri lo giudicheranno male per questo. D’altra parte, una persona può non avere problemi con le telefonate, ma sentirsi minacciata quando si trova in uno spazio ampio e pieno di persone (come un supermercato); questo perché si immagina di potersi sentire male e di non avere, in caso, una facile via di uscita. Per questo, in un percorso di supporto psicoterapeutico focalizzato su problemi di ansia, è fondamentale individuare gli antecedenti, ovvero quei pensieri e convinzioni individuali che innescano la percezione di pericolo.

L’ansia e la prestazione

Come già indicato, l’ansia è una risposta innata, che mantiene la sua utilità in determinate situazioni. Per questo, non è possibile né auspicabile eliminarla completamente; piuttosto, si può imparare a gestirla, a modularla e ad evitare che si attivi troppo, creando conseguenze negative per la persona. Per spiegare il legame tra ansia e prestazione, possiamo usare l’esempio di una situazione impegnativa, quale lo svolgimento di un esame. In questi casi, essere troppo rilassati non aiuta ad affrontare al meglio il compito, mentre un’attivazione ansiosa moderata porta ad un aumento della tensione e vigilanza mentale e quindi aiuta la prestazione. Tuttavia, se l’ansia supera un certo livello e si avvicina al panico, riduce la capacità di pensare chiaramente, di agire in modo ragionevole e quindi di risolvere i problemi.

I “falsi miti”

“Sto per svenire”. Durante momenti di ansia intensa o di panico, si possono sperimentare capogiri e tremori, tanto da avere la sensazione di svenimento. In realtà, questo deriva dall’iperventilazione (respirarazione troppo veloce e poco profonda) che, come abbiamo visto, è una delle componenti della risposta automatica di attacco o fuga. Inoltre, l’ansia porta ad un aumento della pressione, mentre lo svenimento è collegato ad un calo di pressione.

“Mi sta venendo un infarto”. Un altro aspetto fisiologico legato alla risposta di attacco o fuga è la tachicardia (aumento della frequenza cardiaca). Tuttavia, se una persona non è già a rischio, la tachicardia di per sé non fa venire un infarto; però, vivere una condizione di stress continuo e cronico può indebolire il sistema cardiocircolatorio.

“Sto impazzendo”. Durante attacchi acuti di ansia (o, a maggior ragione, di panico) si può vivere l’esperienza soggettiva di perdere il controllo e avere il dubbio di “impazzire”. In realtà, l’ansia è strettamente collegata all’opposto: alla tendenza ad un eccessivo controllo e alla fatica a “lasciarsi andare”, ad aprirsi e ad esprimere le proprie emozioni.

Bibliografia

Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo, G. Andrews et al., Centro Scientifico Editore, 2003.

Tecniche e strumenti di terapia cognitiva, F. Sinibaldi, Dialogos Edizioni, 2009.

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