Quando si pensa al gioco spesso lo si associa alle attività dei bambini e all’infanzia. E gli adulti? Vediamo insieme quali funzioni del gioco si conservano nel tempo e perché.
Il gioco svolge una funzione fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei bambini. Aiuta ad esplorare il mondo, imparare a conoscerlo e a conoscersi in relazione ad esso, agli altri e alla cultura di appartenenza.
Ciò che accade quando si entra nella dimensione del gioco è che si accetta di abbandonare momentaneamente le convenzioni del vivere quotidiano, per porsi in una condizione di concentrazione in uno spazio intermedio tra “mondo interno” (fatto dai propri pensieri, le fantasie, le illusioni) e il mondo esterno.
Si crea una nuova forma, simbolica, di scambio e di rapporto col mondo. Ci si connette momentaneamente, per la durata del tempo del gioco, con un’area detta “potenziale”, in cui si ha libertà di sperimentarsi, di inventare, immaginare, creare, di esplorare cioè aree di funzionamento di sé altrimenti sopite nell’interazione con la realtà.
Talvolta, quando si è immersi nel gioco, si può avere la sensazione di non avere immediatamente chiaro il senso o le ragioni di ciò che si sta facendo, ma che diventi comprensibile poco dopo. Quando la novità si integra in ciò che si conosce allora diventata chiara e familiare. Il gioco molto spesso ci fa sentire bene, perché ci riconnette col mondo e ci fa sentire vivi.
Ciò che accade nel gioco non è molto dissimile da ciò che avviene in psicoterapia. Come scriveva Winnicott: “La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme. […] Quando il gioco non è possibile, allora il lavoro svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare a uno stato in cui ne è capace.”
Ciò che accade nel gioco non è nemmeno così lontano da ciò che ci può capitare nella vita quotidiana. Dipende tutto da come osserviamo e da quanto spazio ci sentiamo disposti a dedicargli.
Bibliografia:
Winnicott D.W. (1971) “Gioco e realtà”, Armando, 2005.
Milner M. (1955) “La follia rimossa delle persone sane”, Borla, 1992.
Bondioli A. (1996) “Gioco e educazione”, Franco Angeli, 2002.